Pillola d’addio
Mangiavo già vegetariano – nel 1985, quando mi sono trasferita a Torino da Milano – e frequentavo l’allora primo ristorante vegetariano, Il Punto Verde di via Belfiore. E qualche sera – molte sere – mi capitava di vedere, seduto sempre allo stesso tavolino, Guido Ceronetti. Personaggio meraviglioso, irriverente e geniale, in questi giorni a Torino tiene un «Festival dei disperati», per dare il suo addio al teatro. Perché «il destino mi comunica che è abbastanza, ad un’età in cui il fuggire non è più una fuga, togliendomi una cura in eccesso, tra le restrizioni implacabili della vecchiaia» (sono parole sue, dal pieghevole che pubblicizza l’evento del 21-25 giugno. Lo adoro, che ve lo dico a fare, e per questo desidero condividere un suo altro mirabile contributo, datato, ma sull’attualissimo tema dell’acqua. È appena passato il referendum, ma non dobbiamo per questo abbassare la guardia. Siamo in estate e un’attenzione maggiore verso «sora nostra acqua» è d’obbligo. Leggete qua che diceva quel genio di Guido Ceronetti, su «La Stampa» di qualche anno fa:
Vi chiedo pietà per l’acqua
Anche l’acqua è una specie in estinzione, la dolce, la potabile o depurabile. Le risorse disponibili, calcolate in dieci milioni di chilometri cubi, non sarebbero esigue in un pianeta popolato come mille anni fa e sul quale la popolazione umana rimanesse stabile: ma stiamo oltrepassando, se non sbaglio, il sesto miliardo. In questo mezzo secolo la superficie verde, per abbattimenti, siccità e incendi si è ridotta di un terzo. (…)Nel 1997 non si è quasi più vista la pioggia in Italia settentrionale; la terra rifiuta il seme. La pioggia è vista molto male dai turisti, dagli sportivi, dai dementi dei Grandi Esodi: ancora pochi anni e il loro giubilo non avrà più limiti, ne cadrà sempre meno perché il ricambio di umidità è definitivamente compromesso. (…) Un pianeta senz’acqua è un pianeta morto, amen, a questo bisogna pur arrivarci, (…)L’acqua che scorre copiosa dalle docce e dai rubinetti, invitando a un consumo senza freni è terra sottomessa (..) per il bisogno basterebbe un bottiglione da due litri, ne distruggiamo sessanta o settanta, per sadismo inconscio, ma non del tutto, perché c’è un piacere nel far scorrere l’acqua, soltanto chi ne soffre, chi prova orrore dello spreco, chi è sensibile alla sofferenza dell’acqua imprigionata nei tubi, chi sente l’acqua come se stesso, imprigionato e gettato negli scarichi, avvelenato dalle schiume, non ha il marchio del sadico. (…) La fine dell’acqua è cominciata quando è cessata la fatica per procurarsela. La sorgente lontana attenuava l’istinto sadico. Il secchio e la brocca lo tenevano a freno. (…) Inoltre, sia da noi che nel resto d’Europa, è tollerato l’imbottigliamento in plastica, che il consumatore orbo ha accolto con favore, per un risparmio sul vetro di poche lire.
(Vorrei ricordarvi che una bottiglia di plastica (Pet o Pvc) impiega da 100 a 1000 anni – sì avete letto bene, non è un errore, mille anni per scomparire).
E la bottiglia di plastica è altro brutto: come fa quel che è brutto essere anche buono? E qual èl’esito della brillante operazione industriale-commerciale che ha introdotto la plastica nel consumo dell’acqua? Una quantità – calcolabile in miliardi – di bottiglie non frangibili e non riciclabili che galleggiano sui fiumi e che la risacca ributta sulle spiagge, pressate nelle discariche o destinate a produrre diossina negli inceneritori. (…) I veleni industriali finiscono quasi tutti nelle acque dolci; la porosità magica della terra li conduce fino alle falde. Le schiume casalinghe di Pinerolo arrivano fino ai pinguini. (…)
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