Islamismo, Cristianesimo, Giudaismo.

Johan Galtung

Da Alfaz, Spagna. Questi sono i giorni della pasqua cristiana e del passaggio giudaico; la storia della passione di Gesù consegnato a suo padre nei cieli, e la storia di Mosè che consegna la sua gente alla terra santa (e l’angelo della Morte che passa oltre le case ebree uccidendo solo i primogeniti egiziani). La terza grande narrativa è la hegira islamica, la fuga di Maometto nel 622 dalla Mecca a Medina.

Si fa un gran parlare d’islamismo, d’islam politicizzato, in questi anni. Ma ci sono anche un giudaismo e un cristianesimo politicizzati. S’impone un approccio simmetrico.

Parliamo di geopolitica, politica territoriale; non su se le ferrovie debbano essere gestite dal settore pubblico o da quello privato (o, più creativamente, né-né, o sia-sia). Parliamo di territori incorporati in una fede religiosa; facilmente identificati per l’islam e il giudaismo. Maometto non era solo un predicatore ma anche un politico che trasformò Medina in una città-stato di cui egli stesso era l’illuminato patriarca. Mosè non era solo un predicatore ma anche un politico con una vocazione specifica per “lasciate andare la mia gente”: in Giudea (Samaria).  Maometto e Mosè definirono l’islamismo e il giudaismo. Ma Gesù predicò con parole e atti; il suo regno era dentro di lui e nell’aldilà.

I cristiani non praticavano né il nomadismo primitivo né la moderna struttura dello stato, bensì piccole comunità tradizionali ovunque, come arene ove attuare la propria fede. E come raccomandato da San Paolo.

Tale assetto non doveva resistere. Ovunque si moltiplicarono e crebbero. L’antico politeismo greco-romano cedette al monoteismo cristiano. Tre secoli dopo che Gesù servì da esempio per l’umanità, il suo regno era non solo celeste ma terrestre, perfino un impero.

Il cristianesimo divenne religio licita dell’impero romano nel 313. Era sorto il cristianesimo geopolitico.

Il monoteismo di Abramo aveva generato tre fedi incorporate in tre formazioni geo-politiche: popolo eletto archetipico del nazionalismo della terra promessa; città-stato ovunque e successioni d’imperi quando si verificheranno. Ma, prima di passare ad altre implicazioni, chiediamoci: come sarebbe una religione meno politica, non politica, ovvero a-politica?

Per il credente ci saranno sempre pensiero, parola e azione; la giusta fede, le giuste parole, i giusti atti, come prescritto.C’è sempre la micro-arena: le lotte interiori e i rapporti con il prossimo, il vicino. I dieci comandamenti (o qualcosa di simile) condivisi sono “norme di traffico” per quel livello, otto dei quali indicativi di che cosa non fare [i]. Non ci sono comandamenti per il macro-livello, quello di uno stato nazionale potenzialmente contro tutti gli altri, né per le città-stato, né per il mega-livello di ascesa, declino e caduta degli imperi. Agli USA sono state date tre religioni con un’etica negativa al micro-livello, una forte devozione a uno stato-nazione, a città-stato e agli imperi ai macro- e mega-livelli, ma senza guida morale a tali livelli macro e mega, appunto. Salvo che fra comunità? Gli ebrei non combattono altri ebrei? Ma si suppone vi sia un solo stato ebraico! Cristiani che non combattono altri cristiani? L’hanno sempre fatto. Musulmani che non combattono altri musulmani: meglio, la loro ummah, comunità o dinastia dei credenti, sembra avere più consistenza reale.

Quindi ci troviamo con un mondo d’imperi cristiani, che comincia a Roma, si spacca nel 395 in una parte occidentale cattolica e una orientale ortodossa. Quella cattolica con un debole successore simil-ummah e un cristianesimo diretto dall’interno finché col colonialismo risorsero gli imperi, dapprima cattolico, poi protestante, poi secolare. La parte ortodossa sconfitta in seguito dall’impero russo e da quello ottomano e dai loro successori secolari, l’impero sovietico e l’attuale revival turco – affascinante, se i suoi dirigenti riescono a fare quello che tentò Olof Palme, rendere la neutralità e l’adoprarsi per la pace una base valida per una grande, non solo imponente, politica di potenza.

Proprio ora l’ultimo mega-impero cristiano combatte comunità musulmane con mega-armi, droni, missili da crociera e non, caccia-bombardieri, con intensa codardia (auto-protezione, poche vittime) e bassa precisione; i musulmani con granate artigianali da 10$ ma molto coraggio e devozione fino al suicidio, molto precise. Chi vinca è ovvio. Ci sono miriadi di comunità musulmane – molte di loro discendenti da sultanati – e solo uno o due imperi vulnerabili che ora cercano di sconfiggere tre regimi nel mondo musulmano: Libia, Siria e Iran. Tutti e tre hanno meccanismi di sicurezza contro tale infiltrazione, ma li usano pure contro il desiderio di democrazia della loro stessa gente.

Il cristianesimo imperiale USA sta combattendo non solo per l’impero economico-politico-militare-culturale, ma anche per la sovranità di Dio sulla terra mediante gli USA, paese sotto il volere di Dio, che invoca il suo sostegno. Gli USA non prendono alla leggera tali espressioni quando provengono dall’islam, né il resto del mondo dovrebbe prendere tali espressioni USA alla leggera.

E alla radice di tutto ciò c’è Cana’an, Sion, Israele; una terra per tutte quelle elette, risoluta a difendersi con tutti i mezzi, nucleare compreso. Perché non anche contro i pogrom, contro la shoah? Perché nella diaspora erano pesci fuor d’acqua, staccati dal cielo della propria fede, Eretz Israel. La ritrattazione di Goldstone è stata logica quanto la mancata ritrattazione dei membri non ebrei del comitato.

Israele finora ha corteggiato l’impero, non l’ummah. Un errore fondamentale.  Ma nessun eminente israeliano usa questo passaggio pasquale per non “passare sopra il popolo palestinese”, richiedendo uno stato palestinese del tipo 1967 per “tendere la nostra mano a tutti gli stati vicini e i loro popoli in un’offerta di pace e di buon vicinato” (dalla Dichiarazione d’Indipendenza del 1948). Il lato buono dell’ebraismo, non quello del giudaismo pericoloso. Con quale capo? Una donna, ovviamente, Hannah Maron (Int’l Herald Tribune, 20.04.11).

Vera religione all’opera, una forza globale, spirituale, che ci coinvolga tutti. Possano tutte e tre laurearsi un giorno in spiritualità globale.


Note:

[i]. Vedere l’epilogo in Globalizing God [La globalizzazione di Dio] di Johan Galtung e Graeme MacQueen, TRANSCEND University Press, 2009; rappresentazione in programma da parte del Landestheater Tübingen, Germania, il 15.07.11.


25.04.11 – TRANSCEND Media Service
Titolo originale: Islamism, Christianism, Judeaism

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis


 

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